Tito Baldini, Daniele Biondo, Paola Carbone, Cinzia Lucantoni, Giovanna Montinari
Il controtransfert ha molta importanza nel determinare l’atteggiamento diagnostico e nell’influenzare la sorte della diagnosi: ci si può chiedere se il paziente a cui si fa solo la diagnosi non sia in fondo un paziente che non si vuole, perché quando lo si vuole si finisce sempre per trovare il modo di passare dalla diagnosi alla terapia. (Novelletto 2009, p. 75).
ARTICOLI ORIGINALI
DALLA DIAGNOSI AL PROCESSO DIAGNOSTICO
Giuseppe Riefolo
LA COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI COME PRIMO ATTO DI CURA
Valenza terapeutica di un intervento diagnostico
Anna Ferruta
L’ASCOLTO
Giorgio Fugazza
L’IDENTITÀ DELLA DIAGNOSI
Maria Grasso
VERSO UNA FUNZIONE SOGGETIVANTE DELLA DIAGNOSI
Antonella Rossi
ARTICOLO DEL MAESTRO
PER L’ADOLESCENZA: PSICOANALISI O ANALISI DEL SÉ?
Tommaso Lucio Senise
Quel misterioso salto fra la diagnosi e la terapia (Novelletto 2009), attraversa fiumi di inchiostro nei quali la domanda ci pone fra la Scilla della definizione e nominazione dei disturbi e Cariddi della sola relazione come strumento della stessa comprensione; dunque qualcosa in movimento, determinato di volta in volta dai soggetti in campo.
Associativamente sembra interessante riprendere come l’origine di una tormentata questione fra la «coazione nosografica e l’unicità del metodo psicoanalitico sia da rintracciare in alcuni passaggi di Freud, molto interessanti, che hanno influenzato da sempre l’atteggiamento degli psicoanalisti, nonché i loro oppositori (Ponsi 2006).
Nel «Poscritto» del 1927 ne Il problema dell’analisi condotta da non medici, Freud enuncia la tesi dell’Junktim e vale la pena citarlo:[…] nella psicoanalisi è esistito fin dall’inizio un legame molto stretto (Junktim) fra terapia e ricerca, dalla nostra conoscenza è nato il successo terapeutico e d’altra parte, ogni trattamento ci ha insegnato qualcosa di nuovo; parimenti ogni nuovo elemento conoscitivo è stato accompagnato dall’esperienza dei benefici effetti che da esso potevano derivare. Il nostro procedimento analitico è l’unico a conservare gelosamente questa preziosa coincidenza. Soltanto se esercitiamo nella pratica la nostra cura d’anime analitica, riusciamo ad approfondire le conoscenze sulla vita psichica umana balenateci appena. Tale prospettiva di un tornaconto scientifico è stato il trattamento più eminente e più lieto del lavoro analitico. E dovremmo sacrificarlo per qualche considerazione di ordine pratico? (p. 422)
Novelletto, alla luce dei tanti sviluppi del pensiero psicoanalitico successivo alle origini della psicoanalisi, offre un punto di vista come sempre originale della problematicità della questione in gioco: «Il superamento della coazione nosografica come atteggiamento controtransferale mi ha spinto non soltanto a liberarmi di tanti presunti punti di riferimento cari alla nosografia psichiatrica descrittiva, ma anche a non ricadere nello stesso errore come psicoanalista» (Novelletto 2009, p. 66). Carbone (2006) ci ricorda d’altro canto che il problema epistemologico posto da Freud va al di là del perimetro della stessa psicoanalisi: «Il fatto è che Freud con la sua scoperta ha messo sul tavolo il problema epistemologico non solo della psicologia ma di tutte le scienze, e cioè il problema del soggetto, giacché non c’è conoscenza che non transiti per una soggettività. Nessun ricercatore ha mai a che fare con i fenomeni allo stato puro, ma tutti dobbiamo fare i conti – ci dice Freud – con la nostra elaborazione intellettuale di osservazioni» (ibidem) e la grandezza della rivoluzione scientifica freudiana è stata proprio in questo: 1) nell’aver capito che per mirare ad una migliore comprensione del fenomeno (l’oggetto) bisognava prendersi cura del soggetto e 2) nell’aver messo a punto un metodo (l’analisi dell’analista) per garantire al massimo il funzionamento del soggetto conoscente. E an- che se gli strumenti per realizzare lo scopo (autoanalisi, analisi didattica, supervisioni) possono risultare più o meno efficaci, non si può negare che dal punto di vista metodologico la costruzione freudiana appaia tutt’oggi rigorosa, coerente e rivoluzionaria» (ivi, p. 222).
Seguendo questo filone di considerazioni ci è sembrato utile e interessante proporre in questo numero articoli storici e di approfondimento, che vanno dalla narrazione della storia del concetto di diagnosi (Riefolo e Rossi), si dipanano nello specifico dell’adolescenza (Fugazza e Grasso) e la prospettiva interessante dell’immagine come nel caso Augustine (Lecca). Non meno trascurabile si pone la questione sollevata da Ponsi (ibidem) riguardo al difficile rapporto fra psicoanalisi e ricerca, che vede contrapposte posizioni fra chi auspica un dialogo e chi guarda a questo tipo di incontro come un tradimento della più genuina eredità freudiana. Lungi dal voler semplificare una questione complessa, di cui tuttavia il tema della diagnosi è uno dei primi ad essere chiamato in causa, ci è sembrato interessante evidenziare lo sforzo di pensare in termini integrati (Aloi e Pandolfo) sia dal punto di vista del- la ricerca che dal punto di vista della ricchezza del metodo psicoanalitico quando si tratta di lavorare in contesti complessi e istituzionali (Ferruta, Curto et al.).
Tuttavia il vertice sulla mente adolescente rimane come paradigma di riferimento, e si deve ammettere come rappresenti un elemento di complessità specifico. Nei suoi processi di sviluppo, nell’allarme che propone al suo ambiente sia primario, come la famiglia, e ad ogni prolungamento esterno del suo Sé: scuola, coetanei, servizi di cura. «Lo sta- to fluido e incompleto di questa dialettica tra Sé e oggetti rende conto dell’impossibilità di calare sull’adolescente, pari pari, certi criteri di valutazione ritagliati sulla psicoanalisi dell’adulto» (Novelletto 2009, p. 73). Questa attenzione allo sviluppo, alla fluidità dei meccanismi psichici non solo ha fatto dello studio dell’adolescenza la rivoluzione della rivoluzione, ma anche, all’interno della stesso corpus psicoanalitico, ha per- messo la rimessa in discussione dei modelli di sviluppo dell’adulto e del- la differenziazione dalla mente del bambino. Del resto gli adolescenti, notava Novelletto (ivi, p. 66), secondo i parametri della psichiatria tradizionale, sarebbero tutti psicotici e dissociati, in quanto le caratteristiche del loro funzionamento appaiono centrate sulla discontinuità del pensiero, sulla fluidità dei confini ed altre caratteristiche simili.
Abbiamo in questo senso voluto testimoniare, nell’articolo del Maestro, come Senise abbia rappresentato, insieme a Novelletto un capo- saldo nell’articolare la teoria del Sé con quella della specificità dello sviluppo adolescente: «Una volta riconosciuta l’esistenza e la funzione del Sé come cornice di riferimento facente parte dello sviluppo psichi- co normale, si è cominciato a parlare di patologia del Sé per raggruppare una vasta gamma di condizioni morbose» (ivi, p. 69). Le conseguenze di un cambiamento di paradigma riguardo alla mente adolescente e alla relazione come strumento di diagnosi (dia, at- traverso) e conoscenza (cum-gnoscere), sono il filo rosso che attraversa tutti i contributi presenti in questo numero Diagnosi, che abbiamo la- sciato insaturo fra singolare e plurale, nella speranza di coinvolgere il lettore appassionatamente nel viaggio necessario dalla terapia alla diagnosi, intesa non più come salto ma processo reciprocamente maturativo di nuove acquisizioni.
[…] Fraulein Salomé mi ha riferito un lungo elenco dei suoi sintomi: forti emicranie, cecità parziale, nausea… Vedendo che Freud scuoteva la testa perplesso, Breuer aggiunse – Se vuoi diventare medico consulente, devi abituarti a quadri clinici fuori dalla norma come questo. I pazienti con una molteplicità di sintomi, che saltano da un medico al- l’altro, per me sono un fatto quotidiano. Sai Sig. (Sigmund) questo caso per te potrebbe costituire un buon argomento di insegna- mento… Allo stato attuale sulla base di questi sintomi, qual è la tua diagnosi differenziale? – Il problema replicò Freud – è che nessuna delle diagnosi spiega tutti i sintomi […] Ottima diagnosi, dott. Breuer, esaustiva e perfettamente comprensibile. Inoltre, diversamente da tutte le altre, non contiene alcune espressione in gergo professionale che, pur offrendo l’illusione della conoscenza, in realtà non è che il linguaggio dell’ignoranza (Yalom 2006, pp. 70, 197).
CARBONE P. (2006). Tra ricerca e intervento. In: Montinari G. Rifornimento in volo. Il lavoro psicologico con gli adolescenti. Milano: FrancoAngeli.
FREUD S. (1927). Poscritto del 1927. In: OSF. Il problema dell’analisi condotta da non medici. Conversazione con un interlocutore parziale. Vol. 10. Torino, Boringhieri.
FREUD S. (1932). Nuova serie di Lezioni. In: OSF. Vol. 11. Torino: Boringhieri, 1989.
NOVELLETTO A. (2009). L’adolescente. Una prospettiva psicoanalitica. Roma: Astrolabio.
PONSI M. (2006). Il cammino della psiconalisi verso il metodo scientifico: tra- dimento o traguardo? In: Dazzi N., Lingiardi V., Colli A. (a cura di). La ri- cerca in psicoterapia-modelli e strumenti. Milano: Cortina.
YALOM I. (2006). Le lacrime di Nietzsche. Vicenza: Neri Pozza.