È noto come cinema e psicoanalisi condividano l’anno di nascita, 1895, e molti aspetti della loro storia successiva. Per esempio l’emigrazione parallela negli Stati Uniti, forzata dalle persecuzioni nazi fasciste nei confronti degli ebrei. La maggior parte degli psicoanalisti era di origine ebraica così come molti giovani cineasti e, più in generale, lavoratori del cinema che avevano subito colto l’occasione di partecipare, con entusiasmo e creatività, agli esordi e allo sviluppo della settima arte.
Ma il legame più intimo e stretto tra questi due principia conoscentiae, che hanno segnato l’intero sviluppo della cultura del XX secolo e dell’attuale, è costituito dalla comune passione per le storie,
per tutte le storie vissute, raccontate e ascoltate.
Virginia Eleuteri Serpieri ci offre la propria in una forma molto vicina a quella di una esplorazione psicoanalitica dove le libere associazioni si rincorrono; il racconto è reso principalmente attraverso le immagini rendendo così anche la natura stessa del pensiero.
Giovanni Hautman diceva che “Ogni analista al lavoro può accorgersi di quanto egli operi attraverso l’immagine visiva”, una pellicola di pensiero, il «cinema mentale» di Calvino, sempre in funzione in tutti noi.
In questo film la voce narrante sembra voler mantenere un tono quasi piatto per non oscurare il registro iconico ma, in realtà, essa crea a sua volta immagini del panorama di un mondo interno e quel suo soltanto apparente e paradossale senso di distacco sta forse a proteggere emozioni fortissime.
Vedendo Amor ho avuto la sensazione trovarmi in un sogno, in quello stato della mente necessario per rendere pensabili emozioni impensabili.
Del sogno, per quanto brutto possa essere si può, si deve accettare tutto per poterlo elaborare.
A nome di tutti, ringrazio tantissimo Virginia per la sua disponibilità a condividere con noi questa sua opera così intima e profonda.
Con molto piacere le cedo la parola.
Ringraziamenti Virginia Eleuteri Serpieri