IL DOPPIO
Paola Carbone
Gli specchi prima di riflettere le immagini, dovrebbero riflettere un momentino.
J. Cocteau
Lo sapevate che la Terra è un pianeta doppio?
Non preoccupatevi non avete sbagliato rivista, né intendiamo trascinarvi in un racconto di fantascienza, volevamo solo darvi la misura del tema, perché il “mistero del doppio” affonda le sue radici nell’immensità dell’Universo.
La nostra Terra, fuor di ogni metafora, è davvero un pianeta doppio, dato che – come spiegano gli astronomi – si definisce “doppio” l’insieme di due pianeti di massa comparabile che orbitino l’uno attorno all’altro, proprio come nel caso della Terra e della Luna.
Ma, avanzando oltre, verso l’iimensità dell’Universo, ci appare qual cosa di ancor più meraviglioso: secondo il Modello Standard della fisica, pochi istanti dopo il Big Bang, nell’universo sarebbero state prodotte quantità eguali di materia e antimateria: un doppio universo perfettamente simmetrico? Non proprio. I fisici ci spiegano che se fossero state presenti identitche quantità di materia e antimateria…bè, oggi non saremmo qui a parlarne, perché un processo di annichilazione avrebbe immediatamente annientato il neonato Universo.
SOMMARIO
IL DOPPIO.
Tito Baldini, Daniele Biondo, Paola Carbone, Cinzia Lucantoni, Giovanna Montinari
ARTICOLO DEL MAESTRO
L’ADOLESCENTE E IL SUO DOPPIO
Jean-José Baranes
POSTFAZIONE
Giuseppe Squitier
APPORTI TEORICO-CLINICI
DIALOGANDO CON GIANLUIGI MONNIELLO
Intersoggettivazione e principio di realtà in adolescenza
Philippe Gutton
DOPPIO E OMBRA IN UNA TERAPIA DI COPPIA
Fulvia De Benedittis, Sandra Fersurella, Silvia Presciuttini
FREUD E IL SUO COMPAGNO SEGRETO
Elisa Casini
PERCHÉ SIAMO DIVERSE, PERÒ SIAMO UGUALI
Diana Burratti
GEMELLI ALLA PROVA DEL DOPPIO
Marica Ierardi e Paola Vichi
UN CASO PARTICOLARE DI DISSOCIAZIONE
Alessio Aloi
L’ADOLESCENTE E IL SUO AVATAR
Maddalena Camoirano e Jennifer Virone
L’Universo, e noi con lui, è qui grazie a un certo “squilibrio” tra materia e antimateria; in altri termini è molto probabile che l’Universo sia nato doppio, ma abbia potuto persistere grazie a una certa imperfezione della sua “doppiezza”, grazie a uno scarto, a una imprecisa “identicità” del suo reciproco.
Proviamo ora a tornare con i piedi per terra e a rinfilarci dentro di noi, in quel piccolo spazio-temporale che è la nostra corteccia cerebrale, il nostro punto di vista sul mondo: uno spazio minuscolo, da cui guardiamo con fierezza l’Universo e ne teorizziamo la nascita; un osservatorio da cui, valutando il sistema Terra-Luna, lo definiamo “doppio” e non solo lo nominiamo tale, ma lo usiamo nelle sue reciproche potenzialità riflettenti di “doppio”.
Perché la conquista della Luna, in fondo è stata la conquista della Terra: è da lì, dalla Luna, che abbiamo visto per la prima volta “il Pianeta Azzurro” e per la prima volta abbiamo tremato di fronte alla sua bellezza e alla sua fragilità.
L’atmosfera che ci avvolge e ci fa vivere, vista da lì, dalla Luna, ci è apparsa in una membrana sottilissima, molto più sottile, in proporzione, di un guscio d’uovo e certamente, molto, ma molto, più fragile. Non per caso tutto il movimento ecologista in difesa della Terra è partito da lì, da quello sguardo, da quel riflesso su di noi che ha trovato nel “Doppio-Luna” il suo speculum.
Un riflesso a cui noi umani tendiamo da sempre e inseguiamo con ogni mezzo, ma che trascina inevitabilmente con sé, l’inquietante consapevolezza della nostra caducità.
Come vedete, i due temi atsronomici fin’ora sfiorati (l’origine “in doppio” dell’Universo e la funzione di doppio della Luna) mettono subito in campo due fondamentali aspetti del Doppio che verranno declinati negli articoli di questo numero: emerge un Doppio “in positivo” (la Luna), specchio necessario della consapevolezza di noi “pastori erranti” e un Doppio “in negativo” (l’antimateria) come necessario “opposto”, Ombra-motrice della dinamica evolutiva.
Ma la dicotomia è solo apparente; come osserva Baranes (1997): “Il tema del doppio è il mondo di Escher, un mondo d’insondabili metamorfosi”; ed è affascinante osservare come i due volti del Doppio, positivo e negativo, in un turbinoso giro di valzer si trasformino continuamente l’uno nell’altro: quel lucido specchio su un cielo che è la Luna, è anche – con la Ombra -la regina delle eclissi, misteriose e terribili forme del negativo.
E ancora, in ambedue i casi, che si tratti del “doppio-identico” o del “doppio-opposto”, è interessante notare come sia sempre necessario uno scarto della perfetta e paralizzante simmetria perché, dal doppio, prenda le mosse una dinamica evolutiva. Nell’ordine vivente – come ci ricorda il biologo Jean-Didier Vincent (2000) – l’asimmetria è fondamentale, ed è proprio l’asimmetria quella forza motrice della vita che organizza l’asse del tempo. Questa fondamentale legge del biologico , fino a pochi anni fa patrimonio esclusivo degli esperti, è divenuta per noi tutti drammaticamente chiara nel corso della recente pandemia; quando abbiamo assistito sgomenti al comportamento di un semplicissimo RNA virus, una “cosa” elementare che, avendo il solo obiettivo di duplicarsi, deve continuamente variare un po’.
In verità, da che mondo e mondo, lo sapevamo che il “doppio-assoluto”, il “doppio-identico” era incompatibile con la vita; lo aveva già scoperto, in un tempo mitico, l’adolescente Narciso quando aveva cercato di raggiunegere un “Tu” che era un “Sé”. Ma quella fonte “senza un filo di fango, che era mai stata agitata da un uccello o da un animale selvatico o da un ramo caduto” (Ovidio, 8 d. C., vv. 407-409) purtroppo era uno specchio troppo nitido, troppo perfetto.
Ovidio – come solo lui nella lingua latina sa fare – in tre soli termini: Iste ego sum (ivi, v. 463), condensa la tragedia di un amore per un Sé troppo identico e per questo fatalmente mortifero.
E proprio l’adolescente Narciso ci aiuta a traghettare dalle grandi visioni universali alle rive del nostro territorio antropologico e psicoanalitico. Perché l’anthropos che noi siamo dà corpo a un tipo di “doppiezza” del tutto speciale: nella biosfera noi siamo gli unici viventi ad aver incorporato in noi stessi “lo specchio” (alter ego?) che ci guarda e attraverso il cui riflesso guardiamo; gli unici a essere insieme l’oggetto e il soggetto dell’esperienza.
Nel corso dell’evoluzione, come nel corso dello sviluppo, grazie a una maturazione neuropsicologica e della capacità autoriflessiva, la nostra attività cortico-cerebrale è in grado di mettere in scena sullo schermo della mente una rappresentazione di ciò che chiamiamo “reale”, una riproduzione “in doppio” del mondo e di noi stessi, e – per non precipitare nell’universo fantascientifico di Matrix o nella dissociazione psicoanalitica – ciascuno di noi deve continuamente tessere e ritessere i legami tra il nostro Sé e il nostro Io-Mente.
Non è un caso che tra i grandi miti, e poi la letteratura, abbiamo narrato e continuiamo a narrare. le origini e la necessità di questa intrinseca “doppiezza” umana, una peculiarità che ci offre grandi poteri (la nostra specie ha conquistato il mondo) ma ci espone anche a grandi rischi, perché se è vero che Roma l’Eterna è stata fondata grazie a due gemelli, è pur vero che la relazione con “il Doppio” è sempre precaria e la nostra umana necessità di individuazione, come la nostra incontenibile hybris rischiano continuamente di poter conquistare l’unicità assoluta, e forse l’immortalità, “uccidendo” il Doppio.
Questo umano oscillare tra appassionate adesioni gemellari e taglienti polemiche si può cogliere anche nel microcosmo del primo movimento psicoanalitico. Otto Rank, nel 1914 (lo stesso anno in cui Freud pubblica la Introduzione al Narcisismo) pubblica nella rivista Imago uno studio su “Il Doppio” e utilizza le sue profonde conoscenze umanistiche per testimoniare il valore del pensiero psicoanalitico e dare corpo-letterario a concetti ancora in gestazione quali il rimosso, la scissione, il perturbante.
La figura del sosia-persecutore, che tanto ricorre nei miti primitivi come nella creazione letteraria, offre a Rank l’occasione per mettere in scena, in intima adesione alla Weltanshauung freudiana, l’ingannevole bisogno umano di esorcizzare l’ombra terribile della morte.
La storia del movimento psicoanalitico ci ha poi mostrato come l’intento di Rank di muoversi in parallelo (o in doppio?) con la ricerca di Freud si sia ben presto scontrato con la necessità di una differenziazione, con il bisogno creativo e vitale del pensiero di “di-vergere” dalla sua fonte: un bisogno di “e-sistere” che, proprio come teorizzerà Rank ne Il trauma della nascita (1924) sembra non si possa attuare senza “lacrime e sangue”.
Ma la scissione è un’evenienza fatale? Romolo doveva proprio uccidere Remo? E Dorian Gray, non avrebbe potuto evitare di “uccidere” il suo ritratto? Abbiamo un’alternativa?
A fronte di questa domanda fondamentale, pensiamo che proprio l’adolescenza ci possa insegnare moltissimo. Perché è quel momento della vita – o quello stato della mente – in cui possiamo più chiaramente percepire la nostra umana duplicità nella sua potenzialità germinale, e anche perché l’adolescenza è quel telaio in cui si tessono tante e fondamentali figure del Doppio: il riflesso troppo identico di Narciso, il riflesso diffrangente dello scudo di Perseo e quel riflesso di Patroclo, sognato-non-sognato, che Achille vorrebbe un’ultima volta abbracciare.
E infatti, questo numero di AeP è stato pensato e composto, coerentemente con il mandato culturale dell’ARPAd, proprio per esplorare come lo specifico dell’adolescenza possa illuminare il tema universale del “Doppio”.
Sappiamo che la messe degli studi psicoanalitici sul Doppio è vastissima; quanti hanno dato seguito a quel primo e fondamentale lavoro di Rank (1914) si sono concessi digressioni e ampliamenti rendendone più ampio e più complesso il senso e il valore: dalla persecutorietà del sosia di Otto Rank (1914) al “lavoro del doppio” dei Botella (2001), il tema de “il Doppio”, in psicoanalisi ha generato una serie di turbinose metamorfosi.
Abbiamo scoperto che accanto al “Doppio” mortifero c’è un Narcisismo di vita (Green 1983), e che anche l’analista può essere fecondato dalle “doppiezze” dei suoi pazienti nell’accoglienza di un transfert gemellare (Kohut 1971) o nella co-tessitura di un “lavoro in doppio” (Botella, Botella 2001).
Ci sembra interessante notare che proprio in quegli anni di fermento creativo un altro “fantasma” cominciava ad aggirarsi nel mondo psicoanalitico: “l’Adolescenza”; un fantasma a cui proprio la scuola italo-francese, grazie psicoanalisti quali Cahn, Gutton, Novelletto, stava aprendo le porte.
L’entrata nel campo psicoanalitico di una clinica dell’adolescenza ha avuto molto peso nel determinare una comprensione più profonda del senso e delle forme del Doppio e, proprio a proposito del “Doppio”, Arnaldo Novelletto, nel 1988 (in piena “epoca” kleiniana!) si è appoggiato all’adolescenza per rivedere “nella strutturazione normale della mente” (1988, p. 36. Il corsivo è nostro).
L’adolescenza, mettendo concretamente in scena quel “Sé-Non Sé”, in quel “doppio” misterioso e affascinante che è il nuovo corpo sessuato (Carbone 2010), ci chiama a riconoscere proprio lì, nella “doppiezza”, un aspetto germinativo e creativo del soggetto umano, fino ad allora in ombra. In ombra per i pionieri della psicoanalisi che avevano un giustificato bisogno di dichiarare guerra a quelle illusioni che accecano l’umanità, ma da sempre ben noto agli artisti e ai poeti che invece avevano giocato partite molto amichevoli con le “doppiezze-adolescenti” e le avevano cantate in miti, epopee e romanzi generativi di sapienza e di vita.
Abbiamo aperto l’Editoriale con un “Lo sapevate?” e ci piace concludere con un’analoga domanda: “Lo sapevate che Roma non è stata “davvero” fondata da Romolo e Remo?”.
A ben scavare oltre la Storia, anche oltre quella mitico-leggendaria, scopriamo con stupore che, se è “vero” che Roma l’Eterna è stata fondata da quella bellicosa coppia di gemelli che si “sdoppierà” nel sangue, molto prima di Romolo e Remo, la sua origine mitica attinge alla forza generatrice di un’altra misteriosa coppia gemellare: una Doppia Fanciulla, la Dea Fortuna, che nelle sue figure speculari e benevole, ne ha nutrito le origini con la sua potenza fecondatrice e protettrice di ogni vita.
Di Romolo e Remo sappiamo tutto, vita e morte: coppia genitoriale, gestazione, allattamento, aspirazioni, carriera, decesso; invece nulla si sa di questa Doppia-Fanciulla, delle sue origini e del suo declino: abbiamo di Lei-Loro solo un’instantanea scolpita nella pietra.
D’altronde la Storia dura nel tempo, procede anno dopo anno, segna la sua traccia secolo dopo secolo, ma l’età del Mito è iscritta nell’Istante, e la Dea Fortuna – come il Big Bang e come l’Adolescenza – è un bagliore instantaneo; la sua felice doppiezza vive eterna in quel tempo mitico e illusorio, in quell’istante-adolescente che sfida il terrore della morte e ci confronta con l’illusione necessaria del vivere.
Ed è proprio così: ogni Doppio su cui cerchiamo di fermare lo sguardo, velocemente si sdoppia e produce nuovi Doppi; e ci trascina, di riflesso in riflesso, in quella interminabile danza di metamorfosi che noi chiamiamo ora Morte, ora Vita.
Paola Carbone
Bibliografia:
BOTELLA C., BOTELLA B. (2001). La raffigurabilità psichica. Roma: Borla, 2004.
CARBONE P. (2010). L’adolescente prende corpo. Roma: Pensiero Scientifico Editore.
FREUD S. (1914). Introduzione al narcisismo. In: OSF Vol. 7. Torino: Boringheri, 1984.
FREUD S. (1932). Introduzione alla psicoanalisi, Lezione 35. In: OSF Vol. 11. Torino: Bollati Boringheri, 1984, p. 284.
GREEN A. (1983). Narcisimo di vita, narcisismo di morte. Roma: Borla, 1985.
KOHUT H. (1971). Narcisismo e analisi del Sé. Torino: Boringheri, 1976.
NOVELLETTO A. (1988). Psichiatria psicoanalitica dell’adolescenza. Roma: Borla, p. 36.
OMERO (VI a. C.). Iliade. Libro XXIII vv. 123-125.
OVIDIO (8 d. C.). Le metamorfosi, vv. 407-409.; v. 463.
RANK O. (1914). Il doppio. Il significato dei sosia nella letteratura e nel folklore. Milano: Sugarco, 1979.
RANK O. (1924). Il trauma della nascita. Milano: Sugarco, 1990.
VINCENT J.D. (2000). Che cos’è l’uomo? Sui fondamenti della biologia e della filosofia. Garzanti, Italia, 2002.