Gianluigi Monniello
Il termine limite in psicoanalisi rimanda innanzitutto al «concetto-limite tra lo psichico e il somatico» che definisce la pulsione, cioè la spinta che fa tendere l’organismo verso una meta. In adolescenza l’eccesso pulsionale è all’ordine del giorno e mette alla prova la tenuta dell’apparato psichico. Proprio per questo l’adolescenza è stata descritta attraverso la chiave di lettura della nevrosi attuale.
ARTICOLI ORIGINALI
ADOLESCENTI “AL LIMITE”
Essere o non essere fuori di sé o l’arte di farsi escludere
Maurice Corcos
ADOLESCENTI BORDERLINE
Alla ricerca del senso perduto
Interventi di Maurice Corcos, Daniele Biondo, Paola Catarci, Claudia Crudele, Gianluigi Monniello
GENESI E SVILUPPO DELLA PERSONALITÀ BORDERLINE
Gianluigi Monniello
RIFLESSIONI SUI DISTURBI DI PERSONALITÀ IN ADOLESCENZA ATTRAVERSO I FUMETTI DI ZEROCALCARE
Eleonora Sale
I VANTAGGI DEL LIMITE
Incontrarsi al Pronto Soccorso
Paola carbone, Elisa Casini, Anna Ferrari
ARTICOLO DEL MAESTRO
OSSERVAZIONI SUL DISTRUBO BORDERLINE E SUGLI ALTRI DISTURBI DELLA PERSONALITÀ IN ADOLESCENZA
François Ladame
APPORTI CLINICI
PASSAGGIO NELLA TERRA DI MEZZO
Dove accogliere l’urgenza e avviare un possibile progetto terapeutico
Laura Penna
“ESSERE SENZA DESTINO”
Un’adolescenza interrotta
Simona Trillo, Rita M. Chiara Porco
PSICOANALISI NELL’ISTITUZIONE
Il filo di Arianna
Carolina Benigni
PERCORSI DI SOGGETTIVAZIONE CON L’ADOLESCENTE E LA SUA FAMIGLIA
Simone Pilia
CORRISPONDENZA DI PHILIPPE GUTTON
QUALCHE RIGA SUL “LIMITE”
Philippe Gutton
PER AIUTARLI A CRESCERE
L’IDENTITÀ NARRATIVA
L’esperienza borderline in adolescenza
Michael Spodenkiewicz, Mario Speranza, Maurice Corcos, Anne Révah-Levy
ALTRI PUNTI DI VISTA
IL CALORE DELLO SGUARDO
Intervista a Sandro Petraglia
(a cura di) Monniello G., L’adolescente e il suo Psicoanalista.
I nuovi apporti della psicoanalisi dell’adolescenza
R. Cahan, Ph. Gutton, Ph. Robert, S. Tisseron
Giovanna Montinari
(a cura di) Fossati A. e Borroni S.
Scale di valutazione PID-5 (Personality Inventory for DSM-5)
Lauro Quadrana
D’altra parte l’apparato psichico, alla luce del pensiero di Green (1976), presenta tre principali limiti: da un lato la barriera somato-psichica, dall’altro quella che separa la vita psichica dalla realtà materiale (il cosiddetto schermo antistimolo). È poi presente un terzo limite, interno allo spazio psichico, che si colloca tra inconscio e conscio e che è costituito dal preconscio, preposto a «filtrare» le pulsioni dell’Es, eccessive per loro stessa natura. Nell’adolescente borderline questi tre limiti sono tutti fortemente messi sotto pressione e per lo più svolgono solo in parte la loro funzione. Pertanto è possibile dire che la patologia «al limite» diventa patologia di queste tre barriere «tra».
Così, in estrema sintesi, l’anomala permeabilità della prima barriera sarebbe all’origine dell’irruzione nello psichismo di eccitamenti non legati e provenienti dal soma, che possono provocare vissuti di vera e propria persecuzione (ipocondria). Per quanto riguarda la seconda, quella che delimita lo psichismo dal mondo esterno, tutto avverrebbe come se ci fosse un difetto di contenimento dei processi psichici, questa volta operante all’interno dello spazio psichico. A questo livello si spiegherebbero i passaggi all’atto, come per esempio i tentativi di suicidio, i disturbi alimentari, le addition. Infine l’insufficiente funzionalità del preconscio giustificherebbe le fantasie terrifiche degli adolescenti borderline, infiltrate dai processi primari e indicative dell’insufficienza dei processi di rimozione.
Anche la qualità dell’angoscia possiede una sua specificità in questi pazienti. Da un lato c’è la minaccia di intrusione, dall’altro la non sopportazione dell’assenza e della perdita. Il narcisismo del soggetto è mortificato dal senso di vuoto conseguente all’espulsione fuori dalla psiche dell’oggetto cattivo. L’angoscia si fa intollerabile e acquista in questi soggetti solitamente all’improvviso, una dimensione traumatica. L’onnipotenza del pensiero e i gesti impulsivi diventano allora la via di fuga per sentirsi vivi e per colmare il vuoto attraverso un oggetto reificato che non deluda (per esempio sotto forma di relazione feticistica all’oggetto).
La sofferenza narcisistico-identitaria si manifesta attraverso continue interrogazioni identitarie di fronte a tutti gli ambiti dell’esistenza e con la stessa intensità a prescindere dalla loro rilevanza. Allo stesso tempo si possono riscontrare alterazioni nell’elaborazione dei processi conoscitivi, che producono una cattiva differenziazione tra sé e l’altro. La relazione con l’altro ne risulta stabilmente disturbata. Così l’incontro analitico propone un succedersi scoraggiante di rotture impulsive e rabbiose, quando non prevale il distacco da ogni investimento e da ogni aspetto vitale della relazione.
Sul piano inconscio il paziente non è in grado di operare la distinzione tra realtà e fantasia o tra verbalizzazione e attività fisica (con la conseguenza che l’aggressione verbale dell’analista può essere vissuta come un’aggressione fisica), come magistralmente scrive Searles (1986).
Da una differente prospettiva, più topografica, il concetto di limite rimanda alla condizione di disporre o meno di uno spazio psichico soggettivo da cui muovere verso se stessi e le proprie trasformazioni e verso l’altro, da intendere sia come primum movens originario di sé sia come oggetto del bisogno all’inizio e del desiderio poi. Tale tematica è particolarmente in gioco nell’adolescente. A sua volta, la delimitazione di un proprio luogo psichico interroga radicalmente le basi narcisistiche del soggetto e la loro tenuta di fronte alla metamorfosi del corpo, all’incremento delle capacità cognitive e dei processi di simbolizzazione. Così i limiti somatici, il limitato tempo dell’esistenza, i limiti delle fantasie e delle possibili versioni del romanzo familiare, le limitazioni della realtà e i limiti degli apporti della figura paterna al consolidamento dell’ideale dell’Io e del Super-io, garanti di fronte al richiamo dell’orbita materna, tutto ciò si pone come passaggio irrinunciabile per l’ingresso nella personale soggettività.
Nel trattamento sono i limiti del setting ad essere interrogati e saggiati. Il loro mantenimento, il loro valore e significato profondi sono oggetto di rimessa in discussione e di continua negoziazione. Si apre qui la questione relativa alla possibilità di far riferimento a un particolare tipo di funzionamento psichico che si pone tra nevrosi e psicosi e anche quella della possibilità o meno di utilizzare il metodo psicoanalitico, in assenza di una continuità dell’essere, riscontrabile in questi soggetti. Senza dubbio alcuni aspetti del funzionamento psichico «al limite» non vanno trascurati. Mi riferisco, per esempio, alla coloritura depressiva, o per meglio dire alla povertà dello slancio vitale, alla patologia della dipendenza, alla tendenza alla somatizzazione, alla scissione piuttosto che alla rimozione, all’agire piuttosto che alla capacità di allucinare ciò che è assente, al prevalere dell’infantile, all’attacco al pensiero piuttosto che all’evitare di pensare, all’insight del funzionamento piuttosto che alla rivelazione del senso.
In questo territorio così ampio, dove la sofferenza psichica è per così dire «a portata di mano», ma al contempo sfugge continuamente alla sua messa a fuoco, se non altro per la permeabilità all’invasione e alla destrutturazione prodotte dal «disagio» attuale della contemporaneità, la psicoanalisi ha certamente trovato nuovi stimoli per interrogare il persistere della sua vitalità e della sua ragion d’essere, nonché per mettere alla prova la validità delle sue costruzioni cliniche e teoriche. Così assistiamo a un tentativo da un lato di ricercare dei tratti distintivi per designare l’organizzazione borderline e le possibili linee guida per il trattamento, dall’altro a un impegnativo e complesso lavoro analitico rivolto a interrogare il metodo psicoanalitico stesso e il senso del suo edificio teorico e della sua pratica clinica. Pertanto assistiamo alla continua esplorazione dei grandi concetti, come l’inconscio, la sessualità, il transfert, il lavoro interpretativo, i livelli di simbolizzazione. L’attenzione al narcisismo e alle sue vicissitudini rende ragione della complessità del trattamento della sofferenza del soggetto borderline non più di origine conflittuale, ma legata all’essere, al suo stesso sentirsi esistere.
Il tema delle origini, dell’influenza e del persistere dell’influenzamento dell’oggetto primario, del sessuale materno (che fa riferimento ai primissimi investimenti oggettuali all’epoca della rimozione primaria) costituiscono un richiamo a interessarsi ai funzionamenti psichici originari e a riconoscere possibili segnali di transfert che vanno alla ricerca di ciò che l’oggetto avrebbe dovuto fornire nel tempo delle origini e non ha fornito o ha fornito in eccesso.
Il lavoro analitico con l’adolescente borderline interroga a fondo, dunque, la teoria psicoanalitica, il processo di soggettivazione del paziente, nonché la persona dell’analista, la sua formazione e il suo convincimento dell’esistenza dell’inconscio. Scrive ancora Searles: «La percezione incrinata che il paziente ha della realtà interna e di quella esterna induce l’analista a imporgli ciò che sarebbe soltanto un’altra pseudorealtà e un’altra pseudoidentità, e in questo tentativo egli, in modo inconsapevole, eviterebbe di sperimentare l’impatto su di sé della “realtà” di transfert.
È di importanza fondamentale che l’analista sia in grado di discernere i nuclei di realtà presenti nelle immagini di transfert del paziente» (1986, p. 26). Questa puntuale notazione è ovviamente più facile da leggere e da comprendere di quanto lo sia la sua applicazione nel vivo della relazione con il paziente. Di fronte ai segni e ai sintomi straordinariamente sottili di non differenziazione dell’Io, alla grande precarietà delle basi narcisistiche dell’adolescente borderline, certamente non possono che essere chiamati in causa il controtransfert, l’autoanalisi, ma anche la comunicazione inconscia, la capacità negativa, la spinta a esistere e un funzionamento preconscio ben temperato da parte dell’analista. In ultima analisi sarà possibile o meno sviluppare, da parte dell’adolescente, un’immagine interiorizzata della persona dell’analista?