Gianluigi Monniello
La possibilità di pensare il proprio funzionamento mentale all’interno di dinamiche gruppali costituisce una naturale evidenza e, al contempo, una grande scoperta. Il passaggio dal pensiero proiettivo, secondo il quale le altre persone rappresentano l’estensione di noi stessi, alla considerazione degli altri, quali fonti inesauribili di informazioni e stimoli alla nostra soggettualizzazione, rappresenta una transizione di notevole intensità che caratterizza e celebra l’adolescenza.
ARTICOLI ORIGINALI
MA QUANTI SONO GLI ASSUNTI DI BASE?
Giovanni Foresti
PENSARE IN GRUPPO, PENSARE CON L’ALTRO
Cosimo Maurizio Gentile, Maria Antonietta Diana
PSICOTERAPIA DI GRUPPO E DEMOCRAZIA DEGLI AFFETTI
Giuseppina Brunetti
GRUPPALITÀ COME METODOLOGIA DI CURA PRESSO “COMUNITÀ DI TIPO FAMILIARE”
Tito Baldini
GRUPPO ADOLESCENZIALE ED EDUCAZIONE STRADALE
Daniele Biondo
APPORTI CLINICI
ADOLESCENZA NELLA MENTE GENITORIALE. GENITORIALITÀ NELLA MENTE ADOLESCENTE
Maria Antonietta Fenu, Vito Mirizio
ELABORAZIONE DELLE DIFFERENZE DI GENERE IN GRUPPO
Marco Bernabei
È possibile affermare che le vicissitudini processuali della differenziazione dall’oggetto primario fino al progressivo insediamento in se stessi siano, in forma esponenziale, vissute e attraversate anche nel passaggio dalla percezione del gruppo come estensione di sé al riconoscimento della gruppalità, costituita dagli altri esseri umani. Del resto l’umanizzazione – accanto all’induzione della speranza, alla promozione del sentimento di appartenenza e all’altruismo – è uno dei più intensi fattori terapeutici della psicoterapia di gruppo. La sensazione di viversi come un essere umano fra altri reali esseri umani ha una forza trasformativa sorprendente e affatto scontata.
Come ci indicano i lavori proposti in questo numero di AeP Adolescenza e Psicoanalisi, è in modo particolare nel lavoro clinico istituzionale con gli adolescenti che le conoscenze della psicologia di gruppo e l’esperienza di conduzione di gruppi psicoterapeutici o anche «educativi» costituiscono una straordinaria e irrinunciabile risorsa per arricchire la cura e migliorare il funzionamento organizzativo dei servizi. D’altra parte è proprio in adolescenza che la cultura di gruppo, la tendenza al raggruppamento e l’attrazione per il gruppo sono in primo piano. La convivialità con i coetanei apre alla socialità, ma soprattutto facilita e incoraggia il processo di distanziamento dalle figure genitoriali. Così il gruppo dei pari diventa il luogo che permette lo scambio relazionale e nutre l’esigenza di sperimentare e di vedere rispecchiato il proprio funzionamento mentale. D’altra parte il fatto di limitare l’espressione della propria individualità per realizzare la coesione dei gruppi sembra trovare senso nel forte sostegno che il gruppo può offrire alle proprie fantasie di sviluppo maturativo. Gradualmente l’esperienza della gruppalità psichica sospinge l’adolescente ad osservare se stesso, lo incuriosisce alla condizione riflessiva, sulla scia e in risonanza con il pensiero che il gruppo attiva e sviluppa. La libera discussione con «più altri» fa scoprire le molte sfaccettature di sé riflesse negli altri e dagli altri. La coesione di gruppo rafforza silenziosamente ogni componente del gruppo e rende le altre persone significative.
È evidente, poi, come il gruppo attivi processi psichici e dimensioni della soggettività non sovrapponibili a quelli messi in movimento nel lavoro terapeutico individuale. Il singolo, nel gruppo, «partecipa a un laboratorio sulle relazioni interpersonali» (Swiller 2009). Lavorando con i gruppi ci si rende conto, infatti, delle grandi potenzialità, in termini di creatività e fiducia, che il funzionamento gruppale può attivare e infondere in tutti coloro che partecipano a tale esperienza relazionale con «più altri». Inoltre il gruppo costruisce «un proprio apparato psichico», articolabile ma non certo riconducibile alla semplice somma dei diversi apparati psichici, e caratterizza una «realtà psichica inconscia propria degli insiemi plurisoggettivi» (Kaës 2007).
L’esperienza di gruppo favorisce lo sviluppo delle libere associazioni, funzionamento della mente essenziale e germinativo della vita psichica. Anche i sistemi percettivi sono attivati, diversamente da quanto accade con il dispositivo del divano. La vista degli altri, le innumerevoli immagini sollecitate dalle protratte esposizioni percettive alle espressioni del corpo e del volto degli altri componenti favoriscono il lavoro di raffigurazione e rappresentazione. Si apre così la strada al lavoro onirico, alla costruzione e al racconto dei propri sogni.
Un’ulteriore caratteristica del lavoro psicoanalitico in gruppo e con i gruppi è quella di facilitare la discussione sul senso di quell’esperienza condivisa, sui suoi obiettivi; si può appartenere e si può, al contempo, essere spettatori. La possibilità di mettere in parole i propri vissuti si appoggia sulle espressioni verbali degli altri componenti del gruppo.
Negli anni le teorie psicoanalitiche di gruppo si sono arricchite a partire dai concetti formulati da Freud di «psiche di massa» (Freud 1912), di individuo «assoggettato a una catena di cui è un anello, un beneficiario, un servitore e un erede» (1914), di una psicologia individuale che è «al tempo stesso, fin dall’inizio psicologia sociale» (1921). Così sono stati sviluppati i modelli di rete formulati da Foulkes, gli assunti di base di Bion e i più recenti concetti di «intersoggettività» e di «interdiscorsività» formulati da Kaës (1999; 2007). In estrema sintesi: «Le ricerche contemporanee s’interessano soprattutto di individuare le diverse modalità di articolazione dello spazio psichico del gruppo con quello delle persone che ne fanno parte» (Neri 1999).
Il gruppo apre, dunque, al sociale, alle tendenze culturali, alle pressioni ambientali e a tutto ciò che influenza il soggetto nella sua quotidianità. Evocativi sono, a tale proposito, «gli studi portati avanti nel campo delle neuroscienze sociali» (Monniello e Quadrana, 2010). Infatti e stato evidenziato come i neuroni siano, per loro natura, sociali. Essi rifuggono l’isolamento e dipendono per la sopravvivenza dai loro vicini. Se non si scambiano costantemente messaggi reciproci, i neuroni, letteralmente, avvizziscono, muoiono. Le molteplici funzioni del sistema nervoso si svolgono grazie al collegamento dei singoli neuroni in reti neurali che a loro volta si connettono con altre reti neurali. Tutto ciò rende «possibile l’evoluzione e lo sviluppo delle abilità, capacità e funzioni astratte sempre più complesse» (ibidem p. 33).
L’attenzione alla psicologia di gruppo, alla gruppalità psichica e agli apporti che l’approccio psicoanalitico dei gruppi può fornire alla cura dei pazienti, non solo adolescenti, è altamente auspicabile. In particolare è la nostra cultura istituzionale ad aver un enorme bisogno di tali specifiche competenze, competenze che la formazione individuale degli psicoterapeuti e degli psicoanalisti spesso prevede ancora solo marginalmente.
EVANS J. (1998). Psicoterapia analitica di gruppo per adolescenti. Tr. it., Roma: Borla, 2001.
FREUD S. (1912-13). Totem e tabù. OSF, Vol. 7. Torino: Boringhieri, 1975. FREUD S. (1914). Introduzione al narcisismo. OSF, Vol. 7. Torino: Boringhieri, 1975.
FREUD S. (1921). Psicologia delle masse e analisi dell’Io. OSF, Vol. 9. Torino: Boringhieri, 1978.
KAËS R. (1999). Le teorie psicoanalitiche del gruppo. Tr. it., Roma: Borla, 1999.
KAËS R. (2007). Un singolare plurale. Tr. it., Roma: Borla, 2007.
MONNIELLO G. (2001), Presentazione all’edizione italiana. In: Psicoterapia anali- tica di gruppo per adolescenti (1998), di J. Evans. Roma: Borla, 2001, 7-17.
MONNIELLO G., QUADRANA L. (2010). Neuroscienze e mente adolescente. Roma: Edizioni Magi.
NERI C. (1999). Presentazione all’edizione italiana. In: Le teorie psicoanalitiche del gruppo (1999), di R. Kaës. Tr. it., Roma: Borla, 1999.
SWILLER H.I. (2009). Terapia psicodinamica di gruppo. In: Psicoterapie, a cura di G. Gabbard. Milano: Cortina, 2010, 689-705.