Gianluigi Monniello
È difficile oggi immaginare un adolescente senza un computer a disposizione o uno smartphone a portata di mano. Per la generazione digitale, l’essere connessi è una necessità ma soprattutto è una condizione assolutamente naturale dell’esistenza. La quotidianità si dispiega nel mondo della rete e l’adolescente è un residente stabile di tutti i suoi territori, cioè del cyberspace.
ARTICOLI ORIGINALI
CLINICA DEL VIRTUALE. FANTASTICARE, SOGNARE O IMMAGINARE
Serge Tisseron
DIAGNOSI E PSICOTERAPIA DELLA DIPENDENZA DA INTERNET
Matteo Lancini, Tommaso Emanuele Zanella
SPECCHIO E WEBCAM. IN BILICO TRA IL BISOGNO DI ESSERE VISTO E LA CONVINZIONE DI ESSERE SPIATO
Vito Mirizio
APPORTI CLINICI
NEGOZIARE IL SETTING. L’USO DELL’INSTANT MESSAGING
Michela Savino
TENTATIVI DI CONNESSIONE
Cristiano Curto
SCRIVERE PER FORMARSI
Attraverso lo schermo e quel che l’adolescente vi trovò
Angelo Bonaminio
PER AIUTARLI A CRESCERE
Virtuale e gruppale. Una questione al limite
Tommaso Romani
Ma tu ce l’hai il cellulare?
Luca Lo Cascio, Aaron Nemu Henrich, Chiara Porco
ARTE, CINEMA E LETTERATURA
L’adolescente e il cinema oggi
Cracking up. Estensione e coesione dinamica delle emozioni
Anna Ferruta
Adolescenza nel cinema
Paola Carbone
ALTRI PUNTI DI VISTA
Brevi riflessioni sul film “Disconnect”
Maria Francesca Natali
Il corpo dell’adolescente in Emmaus di Baricco
Filippo Mittino
In primo piano
(a cura di) Carbone P. Cinema, adolescenza e psicoanalisi
Cinzia Lucantoni
(a cura di) Maraini D. Chiara D’Assisi. L’elogio della disobbedienza
Giada Di Veroli
(a cura di) Margherita G. Anoressie contemporanee.
Dal digiuno ascetico al blog Pro-Ana
Giada Di Veroli
(a cura di) Marzi A. Psicoanalisi, identità e internet.
Esplorazione nel cyberspace
Laura Penna
Ferrara A., Mittino F. Scappati di mano
Simone Pilia
Non c’è dubbio che il tempo del dualismo digitale, contrassegnato dalla netta contrapposizione tra reale e virtuale non è più esaustiva. Tale distinzione è ampiamente superata. La consapevolezza della sostanziale coerenza e congruenza dell’identità online e offline è solidamente radicata tra i più giovani. I termini di reale e di virtuale sono stati sostituiti dai più pertinenti on-line e offline. Tali termini non indicano mondi separati, antagonisti ma articolazioni differenti dei nostri contesti esperienziali, relazionali e comunicativi. A tale proposito Jurgenson (2012) parla, con efficacia, di «realtà aumentata».
L’adulto è fortemente confrontato con tale cambiamento e vive, con maggiore o minore intensità, un senso di perdita e di nostalgia per abitudini e forme di comunicazioni ormai d’antan. D’altra parte le nuove tecnologie tendono a esercitare un fascino ambiguo sugli adulti: sono fonti di curiosità, desiderate e, al contempo, sono temute e perturbanti. Talvolta a prevalere sono vissuti espliciti o impliciti di ostilità. Tutto ciò favorisce il mantenimento di visioni dello spazio virtuale come separato e scisso da quello reale. Il film Matrix (1999) costituisce la raffigurazione più efficace della separazione, fino alla scissione, di questi due mondi. Non c’è dubbio che in quindici anni sono avvenuti notevoli cambiamenti.
All’inizio al cyberspace sono state attribuite le qualità dello spazio potenziale di cui parla Winnicott, cioè quelle di essere un territorio intermedio tra il mondo interno del soggetto e la vastità del mondo esterno dell’oggetto, collocandosi tra «il me e il non me». Si configurava così come un’area di gioco potenziale, dal carattere intrinsecamente intersoggettivo.
Oggi, di fronte al progresso e alla diffusione delle nuove tecnologie digitali e dei social network anche il riferimento a tale seminale concetto winnicottiano risulta insufficiente per cogliere appieno la posta in gioco. Il mondo digitale è profondamente entrato in quello ordinario. Si è prodotto, cioè, uno spazio antropologico interconnesso con la vita degli altri, un tessuto connettivo attraverso il quale si esprime la nostra identità e la nostra stessa presenza sociale (Spadaro 2012). La dimensione gruppale acquista tutto il suo valore di sostegno, confronto e appartenenza a vasti contesti umani, liberando potenzialità comunicative, di scambio e identificatorie nei confronti degli altri.
L’adolescente, grazie all’uso dei social nework, può mettere in gioco le sue fantasie navigando nelle situazioni più varie, ma restando al di qua dello schermo. Tale condizione può costituire sia un’esperienza emotiva di prova sia un’interminabile dilazione dal contatto con l’altro in carne ed ossa. Comunque tante sono le sollecitazioni sensoriali che si attivano a vari livelli fino all’ipersensorialità. L’intenso eccitamento che ne deriva ha certamente bisogno di tempo per essere vissuto e, quindi, percepito. Se la percezione delle proprie sensazioni è conosciuta e fornisce un’esperienza di appropriazione soggettiva, allora le potenzialità dei social media sono al servizio dello sviluppo.
In quest’ottica la precedente tendenza a parlare di patologie del virtuale si è molto ridimensionata. Per esempio non è più convincente parlare di dipendenza dagli schermi o dai videogiochi, funzionamento incentrato sulla ricerca di eccitamento e soddisfacimento, quanto piuttosto di ricerca di contatti ed esperienze sociali. D’altra parte è ormai evidente che certi disequilibri tra comportamenti agiti e impulsivi e loro gestione attraverso la riflessione sono l’espressione dei differenti tempi fisiologici di sviluppo del sistema limbico rispetto alla maturazione della corteccia prefrontale, più tardiva. È in primo piano, in questo caso, la dimensione transitoria di tali periodi di crescita con i suoi naturali disequilibri. Può essere utile qui ricordare come la vera e propria dipendenza è definita dall’insieme di sei elementi (Griffiths 2010): il ritiro in se stessi, la modificazione dell’umore, l’aumento inarrestabile del tempo di esposizione («la tolleranza» all’esposizione), l’intensità del vissuto di mancanza in assenza di ciò da cui si dipende, il fenomeno della ricaduta in un’intensa conflittualità, condizione che caratterizza la vita dell’interessato. È pertanto utile distinguere, a proposito dei videogiochi, il gioco eccessivo dal gioco dipendente. D’altra parte il rapporto dell’adolescente con il cyberspace costituisce per molti adolescenti una fonte di apprendimento. In particolare l’uso di videogiochi sollecita l’esperienza d’immersione in un compito secondo tre possibili forme: sensoriale, sistemica e finzionale (Leroux 2012). L’immersione protratta può essere provocata dalla saturazione dei sensi, dal forte controllo dei processi di gioco o dall’identificazione con il protagonista. Tali differenti forme di coinvolgimento molto intenso nei social media corrispondono, allo stesso tempo, a modalità di appropriarsi del mondo esterno attraverso la messa in moto di processi di simbolizzazione nel corpo, in immagini o in parole.
Tutto ciò ci porta, infine, a considerare i social media come una possibile risorsa terapeutica. In questa direzione hanno lavorato e lavorano diversi Colleghi in tutto il mondo. In particolare molti videogiochi svolgono una funzione di mediazione nel corso di psicoterapie di gruppo, di laboratori che permettono una vicinanza e uno scambio con altri adolescenti, grazie a questo supporto terzo. Diverse le possibilità che si dischiudono negli ambienti istituzionali. Il videogioco può essere l’occasione per organizzare gare con un vincitore o un gruppo di vincitori; l’attività può divenire argomento di discussione e di scambio dal vivo tra i componenti del gruppo; la condivisione dell’attività ludica e del tempo possono facilitare confidenze e racconti personali che permettono di uscire dall’isolamento; adolescenti più esperti possono arrivare a realizzare in gruppo nuovi videogiochi o nuove forme di utilizzo dei social media.
Ancora una volta il mondo adolescente può essere fonte di nuova forza propulsiva per quello degli adulti. A questi ultimi, compresi gli psicoterapeuti, non resta che attivarsi e incuriosirsi per offrire sponde e funzioni contenitive adeguate, perché la creatività potenziale possa percorre appieno queste nuove vie d’espressione del soggetto adolescente.
GRIFFITHS M.D. (2010). Online gaming addition: fact or fiction? In: Kaminski
W., Lorbert M. (Eds), Clash of Realities. München: Kopaed, pp. 191-203. JURGENSON N. (2012). In rete e fuori, il nostro io resta uno solo. Avvenire, 9 settembre 2012, 16.
LEROUX Y. (2012). En métapsychologie. Adolescence, 30, 1, pp. 107-118.
SPADARO A. (2012). Dobbiamo indagare l’ontologia del nuovo mondo ibrido. Avvenire, 9 settembre 2012, p.16.