Gianluigi Monniello
Il plurale, gravidanze, è d’obbligo affrontando le trasformazioni corporee e i processi psichici in corso, diversi e polisemici per ogni adolescente, per evitare fin da subito il rischio, sempre presente, della sistematizzazione e della classificazione di ipotetiche sovradeterminazioni.
ARTICOLI ORIGINALI
UNA DOLOROSA INTROMISSIONE NELLA SESSUALITÀ DELLA ADOLESCENTE
Daniel Marcelli
CONCEPIRE E ABORTIRE TRA FANTASIA E REALTÀ
Marina Sapio
UN CASO PARTICOLARE DI CONCEPIMENTO
Pier Giorgio Laniso
UNA MOSTRUOSA INTIMITÀ
Manuela Fraire
L’ANGUSTIA DEL GINECOLOGO
Claudia Spadazzi
APPORTI CLINICI
L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL SENTIRE.
UNA FIGLIA DIVENTATA MADRE
Anna Maria Dalba
PER AIUTARLI A CRESCERE
LA FIGURA DEL COMPAGNO ADULTO DI FRONTE ALLA GRAVIDANZA DELLA ADOLESCENTE
Jona Kozdine, Maria Katiuscia Zerbi
DIVENTARE MADRE PER ESSERE FIGLIE
Maria Patti, Gabriella Signorelli
SCRIVERE PER FORMARSI
ADOLESCENTI CHE PARLANO CON IL CORPO
Marta Malacrida
ARTE, LETTERATURA, CINEMA
JUNO
Laura Penna
IN PRIMO PIANO
(a cura di) Neri N., Rogora C., Desideri di maternità
Paola Catarci
RECENSIONI
(a cura di) Moro M.R., Neuman D., Réal I., Maternità in esilio. Bambini e migrazioni
Daniele Biondo
Waterman B., La nascita di una madre
Tommaso Romani
Sugar M., Berkovitz I., Treatment outcome of three female adolescents with borderline personality disorder
“Adolescent Psychiatry”
Tiziana Catta
Nicolò A.M., Russo I., Una o più anoressie
Lauro Quadrana
Castellazzi V.L., Ascoltarsi, ascoltare. Le vie dell’incontro e del dialogo
Michela Savino
Infatti, la tentazione di definire percorsi interpretativi generalizzabili, di ancorarsi a simbolismi ricorrenti, pur comprensibile per cercare di dare senso a vissuti che mescolano necessariamente le carte nel soggetto e fra le generazioni, è primariamente l’espressione della risonanza forte e non delimitabile presente in chi, adulto, si trova a considerare l’evento, condensazione della realtà della sessualità e della fecondità. Così, allora, quella prematura gravidanza segnalerebbe la forza delle fantasie edipiche infantili, il fare economia della rappresentazione preliminare di accogliere il pene dentro uno spazio cavo del corpo, la non differenziazione dalle vicissitudini di maternità della madre di quell’adolescente, la feroce conflittualità nei suoi confronti. Perciò anche se tutto ciò è certamente in gioco, costituisce, a mio modo di vedere, solo una parte delle possibili questioni sollevate dall’evento e produce, in primis, una nuova gestazione di interpretazioni che non possono che penetrare nell’adolescente, tanto recettiva nei confronti del mondo esterno e alle prese con qualcosa di interiore che la sorprende e le sfugge. Pertanto tali letture interpretative piuttosto che fungere da organizzatori dello psichismo mi appaiono interrogare la «dismisura», la «dimensione dell’eccesso della psicosessualità femminile» e la loro raffigurabilità (Giuffrida 2011).
L’evento, il fatto biologico, cade sull’adolescenza in corso e «organizza» il pubertario dell’adolescente in base ai livelli di rappresentazione e di simbolizzazione disponibili. Il passato infantile è richiamato prepotentemente in ballo e il futuro si colma della presenza di un’altra vita possibile, quella del nascituro e quella propria. L’evento si impone sui precedenti assetti della persona nel suo insieme: si diventa un’altra persona. Alla fantasia di avere un bambino, a quella di essere gravida si sostituisce il dato biologico e lo status di essere incinta. L’avere in grembo una vita che cresce prepotentemente dentro di sé, mette la adolescente di fronte alla forza della natura e cambia la sua natura.
L’idea che una gravidanza in adolescenza sia prevalentemente un attacco al corpo sessuato, l’indicatore della resa alla madre, oggetto d’amore originario, dalla quale neppure la sessualità puberale ha aiutato a separarsi, insomma la visione lauferiana, mi sembra non tenga abbastanza in considerazione la portata narcisistica di tale evento, in quanto attestazione incontrovertibile della forza inarrestabile della propria naturale fecondità. Va infatti considerato come il fantasma più profondo, in ambedue i sessi, non sia tanto il desiderio di fare un figlio, ma il desiderio di poterne fare uno, fantasma che fa riferimento al potere della madre, presenza mitica fin dall’origine dell’umanità ben al di là delle ragioni della contraccezione.
La fertilità realizza il prolungamento di sé che, nella sua dimensione narcisistica, è accomunabile al fantasma di autogenerazione nell’onnipotenza infantile e si oppone al sentimento di incompletezza e alla realtà della castrazione. Tale dimensione narcisistica non va perciò dimenticata ma affiancata sia ai vissuti di invasione divorante e di lacerazione dall’interno legati alla messa in moto gestazionale sia a quelli di dolore interno, di dissanguamento e di svuotamento che violentano la pancia, «il femminile cavo», vissuti attualizzati dall’interruzione volontaria della gravidanza (IVG). A tale proposito non c’è dubbio che è bene che la volontarietà richiesta all’adolescente sia parziale e discreta, proprio per gettare le premesse di una possibile successiva elaborazione attraverso spostamenti, rimozioni e riparazioni, a loro volta premesse di probabili nuove e desiderate gravidanze a venire. Fare prevenzione, dunque, perché la precoce gravidanza non faccia evacuare la sessualità, cortocircuitare il pubertario, accedere allo statuto di adulta senza passare dall’elaborazione del lutto della relazione infantile con gli oggetti edipici.
Quali poi i vissuti del potenziale padre, anche lui spesso adolescente, che passa dalle stelle alle stalle, dall’elazione narcisistica per il successo fallico alla successiva castrazione per interposta persona? Quale la sua sorpresa e il suo disorientamento per la rapidità di tale detronizzazione e quali i possibili percorsi di rappresentazione del ruolo da lui giocato nell’evento? La paternità precoce interroga profondamente l’equilibrio da lui raggiunto tra investimenti narcisistici e investimenti oggettuali nonché tra ricerca di soddisfazione sessuale e considerazione della propria fertilità.
L’ambiente familiare, sociale e culturale gioca una sua parte importante. Il rispetto per l’esperienza così misteriosa di scoprirsi incinta, la riservatezza intorno alla cronaca dei fatti rappresentano un primo antidoto di fronte al rischio che persistano diffusi vissuti di eccitamento, al diniego di un vissuto di perdita, a un lutto che necessita di tempo perché l’oggetto della perdita sia definito, accettato e lasciato sufficientemente digerito sulla strada della crescita. Restare incinta è un evento biologico di vita che non deve trasformarsi in un vuoto mortifero che riempie lo psichismo dell’adolescente. I destini di quell’evento e la sua vitalità hanno bisogno di un lungo ascolto perché tutte le sue sfumature siano colte a sufficienza.
GIUFFRIDA A. (2011), Sul desiderio di un bambino, Lavoro presentato al Centro Psicoanalitico di Roma, 21 settembre 2011.